PANE

Con il termine pane si intende “il prodotto ottenuto dalla cottura di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua, lievito, con o senza aggiunta di sale comune”.
Gli sfarinati più utilizzati sono quelli di grano tenero, ma si possono anche impiegare sfarinati di altri cereali, da soli o mescolati a quelli di frumento.
È consentita la produzione di pane speciale, che prevede l’aggiunta di olio d’oliva, burro e strutto, latte e polvere di latte, uve passite, fichi, olive, sesamo, origano, cumino ecc.
La preferenza di sfarinati di frumento non è casuale, ma in relazione alla loro migliore qualità, intesa come composizione in proteine (gliadina e glutenina).
Con l’operazione di macinazione delle cariossidi si separa l’endosperma amilaceo dalla crusca e dall’embrione. A seconda di come viene effettuata questa separazione si ottengono i diversi tipi di farina: tipo “00”, tipo “0”, tipo “1”, integrale.

Lo scopo è il mescolamento dell’acqua con la farina e con eventuali ulteriori ingredienti per formare il cosiddetto impasto. Durante il mescolamento l’acqua si lega all’amido e alle proteine. L’idratazione delle proteine (gliadina e glutenina) porta alla formazione del glutine. Il glutine va a costituire un reticolo che oppone resistenza alla fuoriuscita dell’anidride carbonica che si sviluppa in fase di lievitazione, determinando così l’aumento di volume dell’impasto.

Questa fase prevede l’utilizzo del lievito, sostanza che provoca un rigonfiamento dell’impasto.

Esistono diverse tipologie di lievito, ma quello comunemente utilizzato per la produzione del pane è il lievito di birra. È costituito da microrganismi (una tipologia di funghi) che, in presenza di acqua, trasformano gli zuccheri contenuti nella farina in anidride carbonica, alcool etilico e calore. L’alcool etilico viene perso in fase di cottura, mentre l’anidride carbonica che si libera, assieme all’aria inglobata in fase di impastamento, vanno ad “incastrarsi” nel reticolo costituito dal glutine e quindi si verifica il rigonfiamento tipico della lievitazione.

Consiste in una serie di trasformazioni di tipo chimico, fisico e biologico che permettono di ottenere un prodotto commestibile. Il trattamento termico varia a seconda della pezzatura e del tipo di pane. La temperatura varia dai 220 °C ai 275 °C con tempi dai 18 ai 50 minuti. L’interno del prodotto raggiunge i 98-100 °C mentre la superficie i 120-140 °C. L’aumento del volume del pane si riduce attorno ai 50-60 °C per l’inattivazione dei lieviti; a temperature superiori l’incremento di volume cessa per la coagulazione del glutine e la parziale gelatinizzazione dell’amido, fenomeni che fissano quella che sarà la struttura definitiva della mollica. Sulla superficie, dove si raggiungono le temperature più elevate, si forma la crosta e per mezzo della caramellizzazione degli zuccheri si ottiene la colorazione marrone, tipica del pane.