Investire in diamanti: nel mirino dell’antitrust DPI e IDP
16 marzo 2017Vengono chiamati beni rifugio per eccellenza, ma è davvero così? L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con un comunicato stampa del 31 gennaio scorso, ha deciso di avviare due procedimenti distinti per pratiche commerciali scorrette nei confronti di DPI (Diamond Private Investment) e delle società IDP (Intermarket Diamond Business Spa e IDB Intermediazioni srl), imprese che propongono ai consumatori l’investimento in diamanti attraverso il circuito bancario.
Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) in collaborazione con Borsa Italiana e con Antitrust, sta infatti indagando sulle modalità di vendita dei diamanti per controllare che non siano offerti come prodotto finanziario e quindi soggetti alla disciplina prevista dal Testo Unico della Finanza in merito ai servizi di investimento. L’azione nasce a seguito delle numerose segnalazioni ricevute da parte delle associazioni di consumatori, i quali hanno peraltro cercato di rivendere le pietre acquistate, anche rivolgendosi ai gioiellieri, non riuscendo però a disinvestire.
Diverse sono le lamentele e i punti critici sull’argomento, primo tra tutti il prezzo al quale vengono acquistate tali gemme, ben superiore, anzi addirittura doppio, rispetto a quello indicato all’interno del Rapaport, il listino internazionale che rappresenta lo standard per la quotazione dei diamanti. La motivazione è presto detta: si tratta di quotazioni preparate dalla società stessa che vende i diamanti tramite la banca e proprio per questo motivo non è possibile distinguere le componenti del prezzo che si riferiscono al costo effettivo del diamante dalle commissioni applicate al momento del perfezionamento dell’operazione. Tutto questo si ripercuote nel guadagno che il risparmiatore percepirà nel momento in cui questo decida di acquistare diamanti e poi rivenderli sul mercato. Una forbice così ampia di prezzo comporta infatti inevitabilmente una riduzione di valore non indifferente sull’investimento inizialmente effettuato. L’unica opzione che rimane al cliente per limitare la perdita è quindi rivendere la pietra alla stessa società da cui l’ha comprata, ma a quali costi? Le commissioni di disinvestimento sono salate ed in particolare:
- IDB: la società non ha alcun obbligo di riacquisto, ma solo quello di accettare dal cliente un mandato, di durata pari a 4 mesi rinnovabili, a vendere ad altri clienti IDB al prezzo di quotazione. Il servizio prevede commissioni comprese tra il 16% + IVA del prezzo di vendita (nel primo anno) e un minimo del 7% + IVA se la vendita avviene dopo 7 anni dall’acquisto;
- DPI: la società si impegna a rivendere il diamante e la commissione è pari al 10% + IVA del prezzo finale del diamante;
- DLB: la società non si impegna a rivendere il diamante, ma dovrà farlo il cliente sul mercato.
A ben vedere, si tratta di condizioni molto tecniche e particolareggiate nel caso di IDB, che se non adeguatamente ed esplicitamente riportate al cliente non permettono al cliente di fare un investimento consapevole. Occorre quindi che al consumatore vengano offerte tutte le informazioni per comprendere vantaggi e svantaggi dell’investimento che si accinge a fare. Dalle segnalazioni infatti giunte ai nostri sportelli c’è grande opacità in questo tipo di mercato ed il più delle volte quello che doveva rivelarsi un investimento si traduce in una vera e propria perdita di risparmi.
Si ricorda che gli sportelli Federconsumatori sono presenti nella maggior parte delle regioni italiane, per ogni necessità è possibile prendere un appuntamento consultando il sito nazionale, sotto la voce “Sedi”. Di seguito il link: http://www.federconsumatori.it/sedi.asp
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