Quello che non si dice del TTIP

13 aprile 2016

Nonostante i mass media italiani non ne facciano spesso parola, dal 2013 è in corso di negoziazione un importante accordo commerciale fra gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea. Si tratta del così detto Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti, conosciuto anche con l’acronimo TTIP, il cui obbiettivo principale è quello di liberalizzare quanto più possibile i commerci fra le due sponde dell’Atlantico.

I sostenitori del trattato mettono l’accento sull’argomento che  tale liberalizzazione favorirebbe la crescita economica e occupazionale in quanto il superamento di molte delle differenze normative e di omologazione, che costituiscono delle vere e proprie barriere per i traffici di prodotti fra gli USA e l’UE, ridurrebbero i costi di produzione delle merci.

Tacciono invece sul fatto che la “riduzione delle differenze” riguarda la riduzione delle garanzie e dei controlli relativi all’innocuità ed alla salubrità dei prodotti, all’impatto ambientale delle produzioni ed alle tutele sociali dei lavoratori.

In secondo luogo omettono completamente il fatto che la tutela della salute pubblica, particolarmente nel campo delle produzioni alimentari, non verrebbe più attuata in termini preventivi, attraverso controlli affidati ad autorità sanitarie ed amministrative, ma in termini successivi assumendo modalità legali e risarcitorie, e sarebbe quindi successiva rispetto al verificarsi dei danni.

Nulla dicono, infine, circa la proposta di istituire organi arbitrali sovraordinati rispetto agli stati e deputati alla risoluzione delle controversie tra questi ultimi e le multinazionali: strumento, quindi, di definitiva espropriazione dei residui contenuti della sovranità statale quanto alla sua funzione giudiziaria.

La circostanza che la trattativa, in corso da tre anni, sia coperta dalla assoluta mancanza di informazioni dettagliate agli organi di informazione, dalla difficoltà di accesso agli atti anche da parte dei parlamentari europei e che possa concludersi, in caso di accordo tra i negoziatori “tecnici”, con un voto favorevole o contrario del parlamento europeo senza la possibilità di alcun emendamento conferisce a tutta la vicenda il carattere di una sostanziale mancanza di qualsiasi requisito democratico.

Da questa constatazione oggettiva scaturisce la posizione contraria di Federconsumatori al trattato a meno che un’eventuale ipotesi di accordo non sia preventivamente portata a conoscenza delle opinioni pubbliche europee per essere valutata nel merito dalla società civile e dalle istituzioni democratiche.