ETICHETTATURA E TRACCIABILITÀ DEI PRODOTTI

1. L’ETICHETTATURA

La dieta è un elemento determinante per l’equilibrio nutrizionale, ne consegue che la scelta di alimenti e bevande dev’essere effettuata in modo consapevole. A tal fine la lettura e la comprensione delle etichette degli alimenti risulta essere di fondamentale importanza.

preincartatoCos’è l’etichettatura?
“Qualunque menzione, indicazione, marchio di fabbrica o commerciale, immagine o simbolo che si riferisce a un alimento e che figura su qualunque imballaggio, documento, avviso, etichetta, nastro o fascetta che accompagna o si riferisce a tale alimento.” Reg. 1169/2011 (art. 2.1.j)

Cos’è l’etichetta?
“È qualunque marchio commerciale o di fabbrica, segno, immagine o altra rappresentazione grafica scritto, stampato, stampigliato, marchiato, impresso in rilievo o a impronta sull’imballaggio o sul contenitore di un alimento o che accompagna tale imballaggio o contenitore.” Reg. 1169/2011 (art. 2.1.i)

L’etichettatura possiede le seguenti finalità:

  • Fornire una corretta informazione sulle caratteristiche del prodotto;
  • Non indurre in inganno il consumatore con caratteristiche o proprietà che tale prodotto non possiede;
  • Effettuare una valutazione tra qualità e prezzo;
  • Promuovere commercialmente il prodotto.

I prodotti che vengono commercializzati incartati nel momento in cui si effettua il loro acquisto, oppure sfusi, sono soggetti a dettami di etichettatura meno restrittivi rispetto ai preimballati. Ciò è dovuto a facilitare le operazioni di vendita, pur informando il consumatore. Le informazioni vengono poste sul prodotto/confezione o sul banco di vendita. Ad esempio il formaggio che viene tagliato al momento dell’acquisto, oppure i salumi affettati al momento. Le bevande servite a spillatura sono anch’esse soggette ad indicazioni; in questo caso il cartello informativo può essere posizionato direttamente sull’impianto o a fianco ad esso.

PreincartatoLe indicazioni che obbligatoriamente devono comparire sono le seguenti:

  • indicazione della presenza di allergeni;
  • denominazione di vendita;
  • elencazione degli ingredienti, salvo i casi in cui il prodotto ne è esente.

Vi sono poi indicazioni obbligatorie a seconda della categoria dell’alimento acquistato:

  • negli alimenti surgelati, il peso totale e il peso netto della glassatura;
  • paste fresche: data di scadenza;
  • ortofrutticoli: varietà, origine, calibro/categoria;
  • prodotti della pesca: tecnica di produzione (pescato/allevato) e la zona di origine;
  • prodotti a base di carne: quantità netta e lotto;
  • bevande contenenti alcool con quantità superiore a 1,2% in volume: titolo alcolometrico volumico;
  • prodotti facilmente deperibili: modalità di conservazione.

Le etichette dei prodotti preimballati (es. confezione di biscotti oppure la passata di pomodoro) devono necessariamente riportare tutta una serie di indicazioni. Alcune di queste sono obbligatorie salvo casi di deroga previsti dalla legge, altre sono obbligatorie in relazione alla destinazione d’uso.
Le riassumiamo nel seguente elenco.

  1. la denominazione dell’alimento;
  2. l’elenco degli ingredienti;
  3. qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico […] che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un ali­ mento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata;
  4. la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti;
  5. la quantità netta dell’alimento;
  6. il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;
  7. le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego;
  8. il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare […];
  9. il paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto all’articolo 26;
  10. le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento;
  11. per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo;
  12. una dichiarazione nutrizionale;
  13. il lotto di produzione.

Esistono comunque delle esclusioni per alcuni tipologie di alimenti, per esempio il Reg. 1169/2011 non si applica agli alimenti incartati nei punti vendita ed agli alimenti non destinati al consumatore finale o alle collettività.

Denominazione dell’alimento

Rappresenta il nome del prodotto e corrisponde, in primis, a dettami di provenienza comunitaria o nazionale; in assenza di tali disposizioni può essere costituita dal nome tradizionale consacrato dagli usi e consuetudini in riferimento al mercato al quale il prodotto è destinato (es. Torrone, Pesto ecc.). Nel caso non esista nemmeno un nome tradizionale, la denominazione può essere rappresentata da una descrizione del prodotto stesso (es. Crema spalmabile alle nocciole, Torta al cioccolato, ecc.).

Accanto alla denominazione deve essere indicato lo stato fisico nel quale si trova il prodotto o lo specifico trattamento che ha subito (ad esempio «in polvere», «ricongelato», «liofilizzato», «surgelato», «concentrato», «affumicato»).

Per i prodotti congelati prima della vendita e che sono venduti decongelati è obbligatorio riportare, accanto alla denominazione del prodotto, l’indicazione “decongelato”.

Elenco degli ingredienti

È l’elenco di tutte le sostanze che vengono adoperate per la preparazione dell’alimento, ordinate in modo decrescente relativamente al loro peso nel momento dell’utilizzo.Nel caso in cui un ingrediente sia costituito anch’esso da ingredienti (Ingrediente composto), è necessario che vengano elencati anche gli ingredienti che lo vanno a costituire.

Prendiamo ad esempio un croissant ripieno di marmellata: la marmellata è un ingrediente composto. L’elencazione degli ingredienti sarà quindi la seguente:

Ingredienti: Farina di frumento, Burro, Zucchero, Uova, Marmellata di albicocca (zucchero, purea di albicocche 20%, pectine), Aromi.

Si nota che è stata riportata una percentuale di seguito alla purea di albicocche; questo è dovuto al fatto che è necessario indicare, per trasparenza al consumatore, la quantità effettiva di frutta utilizzata (durante la preparazione) per qualificare il prodotto come “croissant all’albicocca”. Questa indicazione dev’essere necessariamente inserita quando si fa riferimento all’albicocca nella denominazione dell’alimento oppure quando sono presenti fotografie, disegni ecc. che riconducono all’albicocca. Per taluni alimenti l’apposizione della percentuale è stabilita dalla legge, per esempio per la pasta all’uovo è richiesto un minimo di 200g di uova per 1Kg di semola.

Gli ingredienti indicati, nell’esempio riportato sopra, in grassetto, vengono definiti “allergeni”. Gli allergeni sono delle sostanze che, se ingerite, possono determinare allergie e intolleranze nei consumatori, rappresentando un pericolo serio per le persone che soffrono di queste patologie.

Nell’elenco degli ingredienti devono essere evidenziati mediante un carattere diverso rispetto agli altri ingredienti per dimensioni, stile o colore, in modo da poterli visualizzare rapidamente. Anche i prodotti sfusi devono riportare obbligatoriamente l’indicazione della presenza degli allergeni che troveremo segnalata anche sui prodotti somministrati nei ristoranti, mense, bar ecc.

Quali sono gli allergeni?

  • Cereali contenenti glutine: grano, segale, orzo, avena, farro
  • Crostacei e prodotti a base di crostacei
  • Uova e prodotti a base di uova
  • Pesce e prodotti a base di pesce
  • Arachidi e prodotti a base di arachidi
  • Soia e prodotti a base di soia
  • Latte e prodotti a base di latte
  • Frutta a guscio: mandorle, nocciole, noci, noci di acagiù, noci di pecan, noci del Brasile, pistacchi, noci macadamia e i loro prodotti
  • Sedano e prodotti a base di sedano
  • Senape e prodotti a base di senape
  • Semi di sesamo e prodotti a base di semi di sesamo
  • Anidride solforosa e solfiti
  • Lupini e prodotti a base di lupini
  • Molluschi e prodotti a base di molluschi

Il Reg. 1169/2011 impone di indicare, nel caso di presenza di “oli vegetali” o “grassi vegetali”, anche l’origine specifica (es. olio di palma, olio di cocco, ecc.).

Alcuni prodotti alimentari sono esentati dall’obbligo di riportare tutti gli ingredienti utilizzati per la loro realizzazione. Per citarne alcuni: i vini, i distillati, i prodotti costituiti da un solo ingrediente, gli ortofrutticoli freschi non manipolati.

L’acqua come ingrediente viene indicata solamente se supera il 5% in peso rispetto al totale degli ingredienti durante la preparazione dell’alimento.

Quantità netta dell’alimento

La quantità di un prodotto alimentare preimballato è un’informazione obbligatoria e quindi dev’essere presente in etichetta. Anche in questo caso ci sono delle esenzioni: i prodotti venduti sfusi o preincartati, i prodotti la cui quantità è inferiore a 5g o 5 ml salvo le spezie e le piante aromatiche. La quantità dev’essere espressa mediante unità di volume se si tratta di prodotti liquidi o in unità di massa per gli altri prodotti, seguita dall’unità di misura usata.

Nel caso in cui gli alimenti vengano conservati in un liquido di governo (es. sott’aceti) la dicitura del peso deve comprendere sia la quantità totale, sia la quantità del prodotto sgocciolato. Quando un imballaggio è costituito da preimballaggi individuali della medesima quantità di prodotto, l’indicazione della quantità può fare riferimento al peso globale oppure alla quantità dei singoli preimballaggi indicando, però, anche il loro numero (es. 500 g oppure 5 confezioni da 100g). Se invece l’imballaggio contiene preimballaggi individuali che non rappresentano unità di vendita (ad esempio merendine, confezioni di the ecc.), su di esso devono essere indicate la quantità totale e il numero dei preimballaggi (es. 1Kg. Contiene 10 confezioni).

La lettera “e” minuscola, indicata dopo il numero relativo alla quantità netta, identifica che è stato svolto un controllo metrologico in fase di produzione.

Lotto di produzione

Il lotto è un’indicazione obbligatoria che serve per identificare il prodotto e individuarlo sul mercato. Nei casi di ritiro/richiamo dal mercato dei prodotti alimentari, il lotto permette adottare la rintracciabilità, ossia quella procedura che permette di sapere dove è stato venduto il prodotto alimentare e quali materie prime sono state utilizzate per produrlo. In questo modo è possibile ritirare/richiamare solamente una o più partite incriminate e non l’intera produzione immessa al consumo. Il lotto è una dicitura distinguibile dalle altre presenti sull’etichetta, in quanto viene anticipata dalla lettera “L”.

Esistono delle categorie di alimenti per i quali non è obbligatoria l’apposizione del lotto in etichetta:

  • i prodotti con data di scadenza o TMC indicati con almeno il giorno e il mese, perché queste informazioni sono sufficienti a rintracciare la produzione;
  • i prodotti agricoli destinati alla manipolazione e non al commercio;
  • i prodotti preincartati o venduti nei luoghi di produzione o di vendita al consumatore finale e per la loro vendita immediata (es. formaggio tagliato nel negozio);
  • i gelati monodose (ma deve comparire sull’imballaggio globale);
  • i prodotti confezionati in recipienti il cui lato maggiore abbia un’area inferiore a 10 cm2.

Termine minimo di conservazione e data di scadenza

Sia il termine minimo di conservazione (TMC) sia la data di scadenza sono informazioni obbligatorie e quindi debbono essere riportate in etichetta. Vediamo quindi la differenza tra le due.

Il termine minimo di conservazione (TMC) viene indicato in etichetta con la seguente dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”, mentre la data di scadenza invece “da consumarsi entro”. Il TMC indica il periodo di tempo entro il quale il prodotto alimentare conserva le sue originali caratteristiche organolettiche (es. croccantezza delle fette biscottate, il sapore, il profumo ecc.); rappresenta un consiglio temporale di consumo, in quanto il superamento della data indicata non implica un pericolo per la salute del consumatore e quindi il prodotto può essere ancora consumato.

La data di scadenza viene invece apposta sui prodotti alimentari ad elevata deperibilità (es. latte, yogurt ecc.) e indica la data fino alla quale un alimento è igienicamente idoneo al consumo, se mantenuto nelle corrette condizioni di conservazione. Superata la data di scadenza l’alimento può costituire un pericolo per la salute a causa della proliferazione microbica. La legge vieta la vendita dei prodotti che riportano la data di scadenza a partire dal giorno successivo a quello indicato sulla confezione. Nel caso in cui una confezione contenga più unità confezionate, c’è l’obbligo di indicare la data di scadenza su ogni singola porzione preconfezionata.

Condizioni particolari di conservazione

Sono informazioni obbligatorie solamente per gli alimenti che necessitano di accorgimenti in merito al luogo di conservazione (es. latte: “Conservare ad una temperatura non superiore a 4 °C”).

Nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare

Il Reg. 1169 del 2011 stabilisce che il responsabile delle informazioni riportate sull’etichetta sia l’operatore con il cui nome o ragione sociale e indirizzo il prodotto venga commercializzato, oppure è l’importatore per i prodotti provenienti da paesi extra UE. Non è più obbligatorio indicare la sede dello stabilimento di produzione.

Il paese d’origine o il luogo di provenienza

Per indicazione d’origine s’intende il Paese dove il prodotto è stato interamente ottenuto, oppure dove ha subito l’ultima trasformazione sostanziale; per luogo di provenienza s’intende il Paese da dove proviene l’alimento, ma che non è il Paese d’origine.

L’indicazione d’origine o della provenienza geografica di un alimento è un’informazione obbligatoria nel caso in cui la sua assenza potrebbe trarre in errore il consumatore sulla reale origine o provenienza del prodotto (es. una mozzarella prodotta in Germania). L’obbligatorietà vale anche per i prodotti soggetti a marchi tipo DOP o IGP.

Nel caso in cui il paese d’origine o il luogo di provenienza vengano indicati volontariamente e siano diversi da quelli dell’ingrediente primario, allora sarà necessario indicare anche l’origine o provenienza di tale ingrediente, oppure semplicemente indicare che sono diversi.

Dichiarazione nutrizionale

A decorrere dal 13 dicembre 2016 la dichiarazione nutrizionale diverrà obbligatoria per gli alimenti preimballati, fino a tale data l’indicazione è volontaria. Si presenta sotto forma di tabella oppure su una o più righe, se non vi è sufficiente spazio. In essa si trovano le informazioni sul contenuto calorico e nutritivo dell’alimento. Le indicazioni obbligatorie sono le seguenti:

  • valore energetico
  • grassi
  • acidi grassi saturi
  • carboidrati
  • zuccheri
  • proteine
  • sale

L’indicazione può essere integrata con l’indicazione relativa agli acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, polioli, amido, fibre, vitamine e sali minerali; si esprime in 100g/100ml dell’alimento.

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI (VALORI MEDI PER 100 g)

Energia2320 kj/
555 kcal
Grassi35,5 g
- di cui saturi15,5 g
Carboidrati50,0 g
- di cui zuccheri48,5 g
Proteine8,1 g
Sale0,25 g

Per i prodotti non preimballati o preincartati la dichiarazione nutrizionale può essere limitata alle seguenti informazioni:

  • valore energetico; oppure
  • valore energetico accompagnato dalla quantità di grassi, acidi grassi saturi, zuccheri e sale.

Per taluni alimenti non è previsto l’obbligo della dichiarazione nutrizionale; qui di seguito si riportano alcuni esempi:

  • prodotti non trasformati che comprendono un solo ingrediente o una sola categoria di ingredienti;
  • le acque destinate al consumo umano;
  • il sale e i succedanei del sale;
  • le infusioni a base di erbe e di frutta, i thè, the decaffeinati, the istantanei o solubili o estratti di the anche se decaffeinati;
  • gli aceti di fermentazione e i loro succedanei;
  • le gomme da masticare;
  • alimenti confezionati in imballaggi o contenitori la cui superficie maggiore misura meno di 25 cm2;
  • gli alimenti, anche confezionati in maniera artigianale, forniti direttamente dal fabbricante di piccole quantità di prodotti al consumatore finale o a strutture di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale.

Claims

L’etichetta, oltre a fornire le informazioni necessarie relative al prodotto commercializzato, può essere utilizzata dal produttore come mezzo per valorizzare i propri prodotti e dal consumatore per fare scelte più attente e in linea con le sue necessità.

I Claims sono dei messaggi indicati sulla confezione del prodotto, inseriti per evidenziare che l’alimento possiede particolari caratteristiche, sotto forma di disegno, simbolo o frase. Possono essere suddivisi in claims nutrizionali poiché attestano particolari proprietà nutrizionali (es. “a basso contenuto di grassi”: il prodotto non contiene più di 3g di grassi per 100g per i solidi o 1,5g di grassi per 100ml per i liquidi), oppure salutistici quando l’indicazione metta in relazione l’alimento con la salute, o ancora relativi alla riduzione di un rischio di malattia umana.

2. LA TRACCIABILITÀ DEI PRODOTTI ALIMENTARI

Il Regolamento (CE) 178/2002 statuisce che “è disposta in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare o di qualsiasi altra sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime“.

Lo scopo del Regolamento è quello di far sì che tutto ciò che entra nella catena alimentare (sia esso un ingrediente, un additivo, una materia prima come l’animale destinato al consumo umano) conservi traccia della propria storia. Si segue tutto il percorso che va dalle singole materie prime fino all’erogazione del prodotto al consumatore finale.

La tracciabilità, nei fatti, è costituita dall’insieme della documentazione raccolta dai vari operatori coinvolti nel processo di produzione, necessaria per isolare un lotto produttivo in caso di emergenza, nonché dei “segni distintivi” dei singoli lotti atti a consentire al produttore, agli organi di controllo ma anche al privato cittadino di individuare il prodotto pericoloso per la salute umana.

Inizialmente tale tutela era prevista solo per alcuni specifici prodotti, quali carni, pesce e uova, quelli cioè più a rischio per la salute del consumatore. Dal 1° gennaio 2006, con l’entrata in vigore del “Pacchetto Igiene” l’obbligo della rintracciabilità è stato esteso a tutti i prodotti agroalimentari.

I requisiti minimi per l’applicazione della rintracciabilità da parte degli operatori del settore alimentare sono specificati nell’accordo del 28.07.2005 tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome (Gazzetta Ufficiale n. 294 del 19 dicembre 2005) concernente “Linee guida ai fini della rintracciabilità degli alimenti e dei mangimi per fini di sanità pubblica”.

La tracciabilità e la rintracciabilità dei prodotti permettono dunque di “seguire” e “inseguire” qualsiasi prodotto immesso sul mercato, lungo tutta la filiera produttiva, ovvero permettono di ricostruire il percorso di un alimento e di tutte le sostanze che contiene.

Si costruiscono, in altri termini, tutti i passaggi che l’alimento percorre da monte a valle della filiera, dalla raccolta fino al consumatore finale, passando per i trasformatori e distributori. Tutte le informazioni che si raccolgono in questo percorso vanno a costituire la documentazione che accompagna l’alimento.

Es. si tiene traccia:

  • di chi e dove è stato raccolto il grano;
  • di chi ha trasportato il grano nell’azienda che lo ha trasformato in farina e come è stato trasportato;
  • del nome dell’azienda, nonchè del giorno e dell’ora in cui quel grano è stato trasformato nell’azienda che lo ha ricevuto;
  • del soggetto che ha trasportato la farina nel pastificio e di come è stato trasferito;
    del giorno, dell’ora in cui il pastificio ha unito alla farina i vari ingredienti per fare la pasta (tutti a loro volta tracciati), nonché l’ha confezionata;
  • di chi ha trasportato il prodotto finito al supermercato che lo ha venduto al dettaglio.

Perché la raccolta di tutta questa documentazione per ogni prodotto da parte di tutti gli operatori coinvolti nei processi di produzione permette di garantire la sicurezza continua di tutti gli alimenti che vengono immessi sul mercato.

Perché se si viene a sapere che uno degli ingredienti e/o dei passaggi di trasformazione e/o dei passaggi di trasporto e/o di conservazione presenta anche solo dei margini di rischio per la salute umana, è necessario non perdere tempo ed avere già tutte le informazioni utili a togliere dal mercato i prodotti finiti nel più breve tempo possibile nonchè ad avvisare il consumatore che se ha già acquistato prodotti di quel tipo, con indicazione di quel lotto di appartenenza ed eventualmente di quella data di scadenza, deve assolutamente evitare di consumarli.

Ecco dunque la necessità di poter “ritracciare” nel più breve tempo possibile le confezioni di merce in circolazione.

TRACCIABILITÀ

ProduzioneTrasporto e conferimento materie primeTrasformazioneTrasporto e conferimento prodotti finaliDistribuzioneConsumatore finale

RINTRACCIABILITÀ

La “rete” di informazioni che si costruisce passo dopo passo intorno ad un prodotto permette di identificare immediatamente, da parte delle aziende o delle autorità preposte alla vigilanza, nel caso di pericolo o sospetto tale, la materia prima e/o il prodotto dannoso, così da isolare il lotto produttivo in caso di emergenza, nel più breve tempo possibile. In questo modo gli stessi produttori e gli organi di controllo, che vigilano sulla sicurezza alimentare dei consumatori, riescono a gestire e controllare le situazioni di pericolo per la sicurezza degli stessi consumatori, sprecando meno tempo possibile ed evitando che un numero sempre maggiore di persone rischi dei danni alla salute.

Il sistema di rintracciabilità, dunque, è basato dunque su due ordini di informazioni:

  • quelle contenute nell’adeguata etichettatura, che riporta tutte le informazioni identificative di quel singolo prodotto (data di produzione, data di scadenza, tipo di prodotto, ingredienti, lotto di appartenenza), accessibili a chiunque e soprattutto al consumatore
  • quelle riportate nei documenti che accompagnano ogni lotto di prodotti in ogni passaggio (raccolta, produzione, trasformazione e distribuzione) e che restano in mano degli operatori del settore.

Ogni OSA (operatore del settore alimentare) deve, infatti, essere in grado di individuare:

  1. chi gli ha fornito qualsiasi alimento o mangime o sostanza che entrerà a far parte di un prodotto finito.
  2. le imprese alle quali egli ha fornito i proprio prodotti.

Per fare questo è necessario che gli operatori del settore alimentare si avvalgano di procedure che consentano di risalire facilmente al “punto debole” della catena di produzione.

Procedure che devono essere messe a completa disposizione delle Autorità competenti nel caso lo richiedano.

L’Accordo del 28 luglio 2005 stipulato tra il Governo, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ha specificato nel dettaglio le informazioni minime che devono essere messe a disposizione dell’autorità, per l’applicazione della rintracciabilità.

In particolare si è stabilito che spetta all’operatore alimentare, sulla base delle scelte aziendali, determinare il lotto o gli elementi identificativi del prodotto e il metodo di individuazione veloce dei fornitori diretti di materie prime e delle imprese a cui è stato fornito il prodotto.

L’azienda che ha trasformato le materie prime nel prodotto dovrà anche poter indicare il soggetto che ha trasportato il prodotto (nome e/o ragione sociale) nonché i recapiti telefonici, di fax e di e-mail del trasportatore. A sua volta chi riceve la merce per venderla al dettaglio (es. il gestore del supermercato) dovrà saper indicare tempestivamente:

  1. il nominativo del fornitore (sede sociale e stato di provenienza)
  2. la natura del bene (denominazione)
  3. le indicazioni utili ai fini dell’individuazione (partita, lotto, data di consegna)
  4. qualsiasi altro elemento utile all’identificazione del prodotto e della sua provenienza

Pertanto, nel caso in cui l’operatore del settore alimentare ritenga o abbia motivo di ritenere che il prodotto non sia conforme ai requisiti di sicurezza deve:

  1. identificare il prodotto,
  2. l’ambito di commercializzazione del prodotto
  3. provvedere all’immediato ritiro/richiamo del prodotto
  4. informare l’azienda sanitaria competente per territorio delle procedure di richiamo/ritiro del prodotto e delle motivazioni
  5. informare l’anello a monte (nel caso ritenga che la non conformità del prodotto sia dovuta a un vizio della materia prima a lui fornita)
  6. attuare le misure sufficienti a conseguire un livello elevato di tutela della salute del consumatore
  7. informare il consumatore stesso attraverso dei messaggi (che non assomiglino a messaggi commerciali) e che rechino la dicitura “URGENTE: RICHIAMO DEL PRODOTTO” oppure “URGENTE:RITIRO DEL PRODOTTO” e individuino: il titolare del marchio se presente; se non c’è il marchio, l’operatore indicato nella etichetta; per i prodotti sfusi il punto di vendita o di somministrazione.

I prodotti alimentari che vengono immessi sul mercato devono infatti essere conformi e sicuri per il consumatore finale.

Quando questo, per qualche motivo, non si verifica e si sono generate situazioni di pericolo riconducibili ad un determinato prodotto, l’azienda deve “richiamare” o “ritirare” il prodotto ed informare le autorità competenti.

Il “ritiro” è l’azione che l’azienda pone in essere, prima che il prodotto sospetto venga distribuito, per impedirne appunto la distribuzione e l’offerta al consumatore del prodotto non conforme ai requisiti di sicurezza alimentare.

Il “richiamo” è, invece, costituito da qualsiasi misura di ritiro del prodotto rivolta anche al consumatore finale che si attua quando il prodotto è ormai già in distribuzione (es. sugli scaffali del supermercato) e qualche confezione è già stata venduta al consumatore finale.

Quando un consumatore acquista un prodotto alimentare deve verificare che la confezione sia integra in ogni sua parte, non presenti alcun rigonfiamento o difetto. Se si accorge del difetto della confezione dopo l’acquisto è bene che non consumi l’alimento.

In questo caso è bene conservare la parte restante dell’alimento, non consumata, per una eventuale diagnosi.

Quando il consumatore apre una confezione e si accorge che l’alimento è avariato, ha un colore diverso da quello usuale per un prodotto dello stesso tipo, non lo deve assolutamente consumare ed è opportuno che lo segnali all’azienda che gliel’ha venduto ed eventualmente a “qualsiasi” forza dell’ordine (polizia, carabinieri…), la quale, a sua volta, se lo riterrà opportuno, informerà l’azienda sanitaria competente ovvero i NAS che collaborano con il Sistema rapido di Allerta Europeo. È preferibile avvisare direttamente anche il soggetto che ha venduto il prodotto, al fine di permettergli di verificare l’accaduto e di prendere i provvedimenti necessari.

Il consumatore deve documentare se possibile sia l’acquisto del prodotto (con lo scontrino), sia lo stato in cui si trova lo stesso (ad es. con una foto) e i dati relativi al prodotto acquistato (scadenza, lotto, marca…).

Il consumatore, una volta avvisate le forze dell’ordine, avrà terminato il suo “compito”. L’azienda sanitaria e/o i NAS verificheranno, in seguito alla segnalazione, la sicurezza del prodotto e ne disporranno il ritiro dello stesso dal mercato in attesa di accertamento della salubrità dello stesso.

A seguito di questi accertamenti se si accerterà che il consumatore ha subito un danno alla salute per aver ingerito l’alimento, lo stesso consumatore avrà diritto al risarcimento del danno subito.